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Carceri: abdicare alla politica di fronte all’antimafia, Bonafede ne ha compreso le conseguenze?

giustizia

Spettacolo triste e indecoroso: Di Matteo è convinto che il guardiasigilli ritirò la sua proposta in seguito a pressioni? Se sì perché non denunciò quanto stava avvenendo?

Bonafede ha subito un colpo basso da quel populismo che lui stesso ha a lungo promosso, condividendo la visione distorta della magistratura di Di Matteo. La stessa visione che ha condotto alla riforma della prescrizione, alle omissioni sull’emergenza covid-19 in carcere accompagnate dall’accusa rivolta ai colleghi della sorveglianza che si sono ‘permessi’ di scarcerare alcuni detenuti in 41bis in gravi condizioni di salute. È nel modo in cui ha trattato tali questioni che troviamo le responsabilità per cui il guardasigilli dovrebbe dimettersi” dichiarano Giulia Crivellini, Tesoriera di Radicali Italiani e Raffaele Minieri, Direzione nazionale RI.

“Siamo in un paese in cui ci si indigna molto di fronte alle scarcerazioni dei 41bis nelle attuali circostanze, ma non altrettanto di fronte alle condanne per tortura che il nostro paese riceve per le condizioni di illegalità in cui versano i nostri istituti di pena.

Quello a cui assistiamo è uno spettacolo triste e indecoroso, risultato di una demagogia che va avanti da mesi. È sconvolgente che il ministro della Giustizia e un componente del Csm si azzuffino in televisione senza considerare il loro ruolo istituzionale e l’importanza di dare una ricostruzione completa ai cittadini. S

eguendo la logica che fino all’altro giorno ha visto uniti i due, vorremmo domandare a Di Matteo se è convinto che Bonafede ritirò la sua proposta perché subì pressioni da qualcuno, e, in caso di risposta affermativa, perché non denunciò a suo tempo quanto stava avvenendo. Mentre dal Ministro vorremmo sapere se ora ha capito cosa vuol dire abdicare alla politica di fronte alle teorie dell’antimafia” proseguono Crivellini e Minieri.

“Intanto speriamo che la pressione sulla magistratura di sorveglianza non si risolva nel negare giustizia e diritti ai tanti detenuti la cui scarcerazione per motivi di salute potrebbe essere strumentalizzata da un certo tipo di informazione.

Concludiamo con una domanda: perché non affidare il vertice del Dap a chi da anni lavora in quell’amministrazione con coscienza ed esperienza? Perché la nomina apicale deve per forza essere di un pubblico ministero e non di chi ha esperienza e conoscenza del carcere, come un direttore di un carcere, un provveditore o un magistrato di sorveglianza?”.

5 maggio 2020